Il Sacrario dei Martiri Fascisti di Novara fu realizzato nel 1934; prima di quell’anno, la Città non aveva un Parco delle Rimembranze dedicato alla memoria dei Caduti. L’allora podestà Tornielli, l’11 agosto 1934 scrisse in una comunicazione ufficiale:
“L’amministrazione comunale intende sanare questa grave lacuna con la costruzione di un Parco della Rimembranza nel quale troverà degno e suggestivo ricetto anche l’erigendo Sacrario dei Caduti Fascisti. La riunione in un unico complesso monumentale della glorificazione di quanti caddero nella Guerra e per la Rivoluzione vuole essere simbolo dell’unità degli intendimenti perseguiti e realizzati con uguale e generoso olocausto, quello della vita per il comune ideale della maggiore grandezza ed unità della Patria”. Nel settembre 1934 i lavori vennero terminati e l’8 ottobre 1934 Mussolini giunse a Novara. Dopo il saluto delle autorità vi fu l’inaugurazione del Colle della Vittoria e del sacrario. Venne sottolineato il dovere di rendere omaggio ai Caduti dellaRivoluzione Fascista come eredi e continuatori della Grande Guerra. Le bare dei Caduti furono traslate dopo la funzione funebre al sacrario alla presenza dello stesso Mussolini. Lo squadrismo novarese dovette affrontare uno dei contesti più duri e ostili, se non d’Italia, quanto meno del nord. Pochi sanno che la “battaglia di Novara”del luglio 1922, ovvero lo scontro tra le squadre fasciste e l’imponente resistenza armata socialcomunista in quella che era allora chiamata “la provincia rossa”, è stata definita dalla storiografia antifascista “l’ antemarcia su Roma”, sia per la consistenza del livello di scontro, sia per il carattere strategico della posizione della città piemontese, punto centrale del triangolo industriale. La vittoria della battaglia di Novara infatti aprì definitivamente la strada della Marcia su Roma. E’ nel proseguo di questa visita che Mussolini pronunciò la famosa frase “Novara fa da sé”.
Alle tredici salme traslate nella cripta del Sacrario, durante la Repubblica Sociale Italiana ne vennero aggiunte altre quattordici. La fede nei Caduti della Rivoluzione durante il periodo repubblicano costituì la linfa vitale di coloro che scelsero di difendere la Patria dall’invasore e di riscattarla dal tradimento. Nel secondo dopoguerra andò in scena la Damnatio Memoriae neroniana: l’odio e il rigetto verso tutto ciò che si ricollegava al passato regime diede il via ad un’epurazione ideologica che non lasciò immune il Sacrario dei Martiri Fascisti. L’amministrazione comunale di allora inizialmente dispose il trasferimento delle salme adducendo l’illiceità della sepoltura fuori dal perimetro cimiteriale in base alle leggi vigenti. Tuttavia, quando si decise l’abbattimento del Sacrario, le motivazioni furono ben più chiare: nei documenti ufficiali del Comune di Novara si parlò chiaramente dell’inopportunità di mantenere un monumento con effigi celebrative del regime fascista. L’Avvocato Aldo Rossini, in articolo della Gazzetta di Novara del 1946 stigmatizzò questo accanimento scrivendo che “sembra al comune buon senso eccessiva la persecuzione delle salme”, procurandosi una querela per diffamazione da parte dell’amministrazione comunale. Oggi, sul luogo dove sorgeva il Sacrario sono ancora visibili delle colonne su una gradinata presso le quali ogni anno in occasione dell’anniversario della battaglia di Novara vengono deposti segni di ricordo per i martiri del Fascismo Novarese. Segno che l’abbattimento del marmo di un monumento non potrà mai abbattere il ricordo di chi ha sacrificato la propria vita per l’Italia, rendendo veritiero che chi muore per la Patria non muore mai.
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