Luigi Boccasile detto Gino nacque a Bari nel 1901, frequentò la Scuola di arti e mestieri della sua città con l’idea di diventare ingegnere navale. A dodici anni perse un occhio per uno schizzo di calce viva e nel 1918 a diciassette anni si trasferì a Milano. Viveva in una soffitta e si manteneva facendo lavori occasionali, soffrendo anche la fame. Cominciò a lavorare nello studio grafico Mauzan-Morzenti e conobbe Franco Aloi con cui in seguito avrebbe avviato una decisiva collaborazione di lavoro. Dopo un soggiorno in Argentina e uno intenso a Parigi, rientrò in Italia nel 1932, dove cominciò a collaborare con le riviste di moda dell’epoca e a illustrare le collane di romanzi della Mondadori.
Partecipò alla campagna del riso ne 1934, a quella contro la tubercolosi, e cominciò a essere notato per i suoi cartelloni pubblicitari. Nel ’36 era ormai un artista affermato e fondò l’agenzia pubblicitaria ACTA (Azienda Commerciale Tecnico Artistica) insieme a Franco Aloi.
Il 1937 fu l’anno decisivo: venne contattato da Cesare Zavattini per collaborare alla nuova veste editoriale della rivista “La Grandi Firme”, creata da Pitigrilli nel 1924 e che stava attraversando un periodo di crisi. Il 22 aprile 1937 uscì il primo numero della nuova serie diretta da Zavattini e in copertina c’era la più celebre delle invenzioni di Boccasile: la Signorina Grandi Firme, una creatura ingenua, romantica, maldestra, sognatrice, intraprendente, temeraria, distratta, pasticciona, che ebbe un successo strepitoso, tanto che su di lei fu scritta anche una canzone.
Il 1938 segnò anche l’avvicinamento di Boccasile alla illustrazione satirica vera e propria con la collaborazione a “Il Settebello”, acquistato da Mondadori e affidato alla direzione di Cesare Zavattini e Achille Campanile.
Successivamente, durante la Seconda Guerra Mondiale, il Ministero della Guerra nominò Gino Boccasile grafico propagandista e la sua opera si orientò verso la produzione di manifesti che esaltano i combattenti, le armi e le gesta italiane, trascurando l’opera di illustratore.
Dopo l’8 settembre 1943 Boccasile aderì alla Repubblica Sociale e venne nominato tenente delle SS italiane. Continuò a produrre senza sosta i manifesti che celebrano il fascismo e la fedeltà all’allenza con la Germania. L’odio cresce e la guerra civile divampa: Boccasile non ammorbidisce le sue posizioni politiche ma anzi le radicalizza. I suoi manifesti parlano da soli: «nessuna pietà per traditori e ribelli», «resistenza armata all’invasore anglo-americano unico mezzo per riscattare l’onore dell’Italia infangato dal tradimento».
Sembra che sia lo stesso Mussolini a volerlo al suo fianco negli anni della Repubblica Sociale Italiana. In questo periodo i suoi manifesti diventano celebri icone per lo stato fascista che continuava a combattere a fianco dei tedeschi. Si racconta che il disegnatore abbia lavorato fino all’ultimo, con i militi della SS italiana che facevano la guardia intorno alla stanza in cui elaborava i suoi progetti.
Il 25 aprile venne incarcerato per collaborazionismo, ma poi assolto per non aver commesso reati. Riprese la sua attività dal 1946 soprattutto con la grafica pubblicitaria. Disegnò alcune cartoline per il nuovo Msi e per le associazioni degli ex combattenti, ma anche disegni erotici per un editore inglese e per l’editore francese Lisieux.
Dal 1947, dopo aver avviato una sua agenzia di grafica, i suoi disegni furono presenti sui muri delle città e delle campagne con le pubblicità: Formaggino Mio, Lama Bolzano, Amaro Ramazzotti, moto Bianchi, dentifricio Chlorodont, le calzature Zenith, Riunione Adritica di Sicurtà, Yogurth Yomo, profumi Paglieri.
Morì a Milano il nel 1952 per le complicazioni di una pleurite. L’illustrazione del Decameron che aveva incominciato, rimase incompiuta.