ROLANDO RIVI

La storia di Rolando Rivi si inserisce in uno dei capitoli più odiosi della nostra storia, quello della guerra civile dell’immediato dopoguerra e, inevitabilmente, ci fa ricordare dei 130 sacerdoti che tra il 1944 e il 1947 furono uccisi in odio alla fede cattolica (cfr “Storia dei preti uccisi dai partigiani” di Roberto Beretta – Piemme 2005). La sentenza del tribunale emessa dalla corte di Appello di Firenze nel 1952 contro gli imputati dell’omicidio, afferma che il seminarista fu ucciso perché rappresentava “un ostacolo all’espansione locale del comunismo”. Oggi i resti di Rolando Rivi si trovano all’interno dell’antica Pieve di San Valentino di Castellarano dove furono traslati il 29 giugno 1997. E’ stato sorprendente constatare come sulla tomba ci siano sempre persone a pregare, a chiedere una grazia. Sono passati oltre 60 anni e la presenza di questo ragazzo è ancora viva a testimoniare come l’amore a Cristo fino al martirio, “Io sono di Gesù”, non conosce limite temporale e parla ancora oggi a ciascuno di noi. Una vita semplice la sua, determinata dalla propria identità cristiana, testimoniata con tenacia fino alla fine: quando gli chiesero di sputare sul crocefisso e di togliersi la tonaca rifiutò; venne spogliato della veste talare, picchiato. Chi si oppose all’esecuzione dichiarò che la sentenza definitiva fu proclamata con le seguenti parole: «Uccidiamolo, avremo un prete in meno». Ecco, in breve, il racconto della sua vita. Rolando Rivi era nato a San Valentino di Castellarano (Re) il 7 gennaio 1931, da Roberto Rivi e Albertina Canovi. Cresciuto in un clima sereno e venne educato cristianamente dalla sua famiglia. Decisamente vivace e intelligente nella primavera del 1942 confidò al suo parroco, Don Olinto Marzocchini, di volersi fare prete; ad ottobre dello stesso anno entrò nel Seminario minore di Marola (Carpiteti – Reggio Emilia). Nel giugno del 1944 il Seminario fu occupato dai tedeschi così i ragazzi e i sacerdoti furono mandati a casa. Rolando Rivi continuò a trascorrere le sue giornate studiando e vivendo da seminarista, continuando ad indossare la veste talare nonostante fosse pericoloso per il clima di odio generato dal fanatismo ideologico che aveva portato un gruppo di partigiani comunisti, durante l’estate di quello stesso anno, a picchiare, in un agguato notturno, Don Olinto Marzocchini. “…Io studio da prete e la veste è il segno che io sono di Gesù” così dava ragioni a chi lo pregava di essere prudente e di non indossare l’abito talare. Il 10 aprile del 1945, dopo aver partecipato alla Messa, tornò a casa, prese i libri e si recò a studiare nel boschetto poco distante, come era solito fare. A mezzogiorno i genitori, non vedendolo tornare, andarono a cercarlo ma trovarono un biglietto con scritto: “Non cercatelo. Viene un momento con noi, partigiani”. Alcuni partigiani comunisti, dopo averlo fatto marciare per 19 chilometri, lo portarono in un loro rifugio dove, dopo tre giorni di torture, lo uccisero con due colpi di pistola mentre in ginocchio, sul bordo della fossa che gli avevano fatto scavare, pregava per i suoi genitori. Il padre di Rolando, Roberto Rivi, accompagnato dal parroco Don Alberto Camellini, che aveva sostituito Don Olinto Marzocchini, dopo varie ricerche riuscirono a farsi dire dai partigiani dove era il corpo del ragazzo. Chi aveva premuto il grilletto dichiarò “E’ stato ucciso qui, l’ho ucciso io, ma sono perfettamente tranquillo”. Lo ritrovarono sotto un filo di terra; era la sera del 14 aprile 1945.
Fu ucciso il 13 Aprile 1945 a Monchio (Mo)