DANTE VILLA

DANTE VILLA

 Caporal Maggiore Paracadutista, reparto II°Battaglione di formazione “Nembo”.

Attivissimo in tutte le attività sportive della G.I.L. dove tra
l’altro dirigeva il Gruppo Rocciatori.
Combattente in Africa Orientale, allo scoppiare del secondo
conflitto mondiale e reduce dal fronte Greco Albanese, chiedeva
l’arruolamento nel Corpo dei Paracadutisti e veniva assegnato
alla divisione Nembo. Dopo l’armistizio non aveva esitato
un momento con il suo reparto a scegliere la via da seguire
schierandosi in Corsica a fianco dei camerati germanici nel corso
dei combattimenti contro i reparti gollisti che tentavano di
ostacolare il ripiegamento delle nostre forze. Nel gennaio 1944
raggiungeva la testa di ponte di Nettuno da dove, alcuni giorni
prima del suo sacrificio, indirizzava agli amici monzesi una
lettera in cui diceva:

“Io ormai sono deciso a fare tutto il mio dovere.
Sono cresciuto in un battaglione che non ha mai
ceduto le armi. Anche noi dobbiamo essere i primi
innanzi a tutti. Noi vecchi paracadutisti sappiamo
che i nostri compagni caduti, se non continuassimo
a combattere, ci maledirebbero dalla tomba.
Negli stessi giorni aveva scritto anche alla moglie pregandola
di avere molta cura di lei e della piccola figlia, Maria
Stella, affettuosamente chiamata nella lettera “nostro diavoletto”,
perché considerava Monza troppo pericolosa per loro:

“Ti prego Luigia; su questo fatto voglio essere ubbidito, dato
che mi da troppi pensieri la tua permanenza a Monza.”

Per Dante, combattente in prima linea nella battaglia disperata
per la difesa di Roma, la preoccupazione più grande era la famiglia
e la moglie che, in quanto sposa a un fascista, poteva
rischiare la vita anche a chilometri di distanza per mano di
sicari. Sicari che a Monza avevano già colpito alle spalle, una
sera nebbiosa di fine novembre ’43, mentre rientrava a casa
dal lavoro, il comm. Gerolamo Crivelli, titolare dell’omonima
tessitura Rivolta e Crivelli, con la sola colpa di essere stato
uno dei primi iscritti al nuovo P.F.R. 
Purtroppo Dante Villanon si sbagliava circa i pericoli che in quel tragico periodo
correvano i fascisti e i loro famigliari dato che, quasi un anno
dopo la sua morte eroica, il 9 febbraio 1945 veniva freddato a
Milano, da un gappista a colpi di pistola in un vile agguato
in Piazzale Loreto, suo fratello più piccolo Piero, classe 1920
e milite della G.N.R. postelegrafonici di via Ferrante Aporti,
mentre era in attesa del tram per far rientro a casa.

A Dante Villa fu assegnata una Medaglia d’Argento alla Memoria con
la seguente motivazione:

Ardito Graduato Paracadutista, ribellatosi all’ordine
del tradimento si affiancava con il suo Reparto
a formazioni germaniche nell’intento di continuare
a combattere in difesa del suo paese.
Nei combattimenti sostenuti in Corsica contro
reparti degollisti che tentavano di ostacolare il ripiegamento
delle nostre forze confermava le virtù
militari di cui aveva già dato prova sul fronte
greco-albanese.
Raggiunta con il suo Reparto la testa di ponte
di Nettuno, al comando della squadra si distingueva
in maniera particolare nell’offensiva sferrata il
16 febbraio contro posizioni nemiche travolgendo i
difensori e catturando prigionieri.
Due giorni dopo, mentre tentava di portare un
ordine ad una pattuglia avanzata, si abbatteva al
suolo mortalmente colpito. Prima di spirare gridava
ancora al cospetto del nemico la sua ferma
fede lanciando alto, nell’infuriare della battaglia, il
grido “Viva l’Italia”.
Fronte di Nettuno, 18 febbraio 1944.
Al cimitero di Monza c’è la tomba di famiglia con la sua
foto nel campo 25, insieme alla moglie e al fratello, ma non
il suo il corpo che non fu mai più ritrovato in quanto sepolto
nello luogo stesso del decesso, a Carroceto di Aprilia, in una
zona diventata poi campo di battaglia con l’avanzata verso
Roma degli anglo-americani.

Tratto dall’ Opuscolo “ Campo 62 Innanzi Tutto La Patria “