22 dicembre 1942: Arbusow il «Vallone della morte»

Un episodio leggendario circa l’ardimento dei militari italiani, si ebbe il 22 dicembre 1942 (tre giorni prima di un altro Natale di guerra). All’epoca i superstiti della Divisione Torino, durante la ritirata si trovarono completamente accerchiati, nella conca di Arbusow (Russia Bianca) dove, in un mare di ghiaccio e continue tempeste di neve, la temperatura spesso raggiungeva i 50 gradi sotto lo zero. Tutto concorreva a suscitare un’impressione orribile di scompiglio e di morte. In un contesto tanto drammatico, non per niente i nostri militari chiamarono Arbusow: «Vallone della morte», improvvisamente dal blocco dei soldati italiani all’addiaccio, partirono al galoppo due cavalieri che, come «Valchirie», invitavano gli altri a seguirli contro il nemico. Uno dei due era il Carabiniere Giuseppe Plado Mosca, di anni 24, l’altro Mario Iacovitti. In una mano stringeva il nostro Tricolore che divenne subito simbolo di riscossa per tutti. Su questi due intrepidi militari si scatenò il fuoco nemico, ma intanto il loro gesto aveva rianimato le energie superstiti di tutti i soldati che, combattendo anche all’arma bianca, riuscirono a rompere l’accerchiamento. Placatasi la furia della battaglia «riapparve», tra lo stupore di tutti, il cavallo del Carabiniere «trascinatore». Era ferito ed aveva la groppa macchiata con il sangue del suo cavaliere. Alla memoria del Carabiniere Giuseppe Plado Mosca, fu concessa una Medaglia d’Oro al Valor Militare.

Iacovitti Mario, nato nel 1921 a Tufillo (Chieti)Esperto meccanico si arruolò volontario a 18 anni presso l’auto-centro a Torino e nel maggio 1940 fu destinato al btg. chimico militare. Dopo la breve parentesi delle Alpi occidentali nel luglio 1941 partiva con la prima compagnia del primo btg. Chimico “A” d’armata destinato a far parte del Corpo di spedizione italiano in Russia rimanendovi per oltre un anno e mezzo. Durante il ripiegamento del dic. 1942 Iacovitti fu protagonista, ad Arbusow, il cosiddetto “Vallone della morte” di un singolare atto di valore.

Dalla menzione della medaglia d’oro: “Volontario in durissimi combattimenti difensivi, mentre l’unità di cui faceva parte, completamente circondata, era premuta da soverchianti forze nemiche, sfinito da più giorni di combattimento e con gli arti inferiori menomati da principio di congelamento, in un disperato ritorno di energie, riusciva a montare su di un cavallo e, tenendo alto sulla destra un drappo tricolore, si lanciava contro il nemico, trascinando con l’esempio centinaia di uomini all’attacco. Incurante della reazione avversaria, attaccava ripetutamente. Alla quinta carica,rimasto miracolosamente illeso, dopo che una raffica di mitragliatrice gli aveva abbattuto il cavallo, si trascinava ancora avanti, carponi, verso una postazione di arma automatica nemica, della quale, con fredda astuzia e straordinario coraggio, riusciva a d impadronirsi con lancio di bombe a mano. Nel prosieguo della lotta disperata, travolto dalla marea nemica veniva catturato. – Arbusow (Russia), 22 dicembre 1942”. Sopravvissuto alla prigionia, anche perché aveva imparato il russo, giunse a Milano fra i primi rientri, il 26 novembre 1945.

 

 

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