20 NOVEMBRE 1936: in memoria di JOSE’ ANTONIO PRIMO DE RIVERA

Josè Antonio nasce a Madrid nel 1903, da buona famiglia, figlio primogenito di Don Miguel Primo De Rivera, tenente colonnello di fanteria e marchese di Estella. Durante la sua adolescenza, la vita politica spagnola, dall’inizio della guerra in Marocco (1909) fino all’avvento della dittatura del padre Miguel è agitatissima. Egli fin dai primi anni della sua giovinezza segue l’attività politica del padre, tuttavia disattende le aspirazioni di Don Miguel e preferisce gli studi di diritto alla carriera militare.

Nel 1923 intensificatisi gli attentati terroristici, le accennate manovre separatiste, specie in Catalogna, l’andamento sfavorevole della guerra d’Africa, rendono popolare la figura di Don Miguel, che diventa primo ministro con l’appoggio di re Alfonso XIII, a seguito di un incruento golpe.La dittatura moderata di Don Miguel dura meno di sette anni, durante i quali si forma il carattere di Josè Antonio e si delineano in lui quei convincimenti che saranno fondamentali per il suo impegno patriottico e culturale. Nel 1930, in seguito a dissapori sociali, Don Miguel si dimette e muore, dopo qualche mese di esilio volontario.Lo sciacallaggio dei liberali e dei marxisti, fanno scaturire in Josè Antonio uno stato d’animo estremamente reattivo nei confronti di coloro che offendono la memoria del padre, entrando a far parte, nel 1931, dell’associazione politica “Fascio”, costituita dai camerati di Don Miguel. Nel giro di pochi anni fa le prime esperienze in galera,conosce personalmente Mussolini, e si dedica attivamente alla vita politica creando “la Falange” e allaccia i primi rapporti con il generalissimo Franco.Il profondo messaggio cristiano e nazionalista di Josè Antonio affonda velocemente le proprie radici con un forte riscontro sociale e le persecuzioni del governo liberale marxista si intensificano: sull’orlo della guerra civile, vengono assassinati decine di falangisti durante le manifestazioni, ma ormai la Spagna è tutta con lui.

Nel 1936 Josè Antonio viene fatto arrestare ed uccidere il 20 novembre nel carcere di Alicante, assieme ad altri cinque falangisti. Di lì a poco scoppia la guerra civile. Di lui Franco dirà: “La sua morte segretamente offerta a Dio per la Patria ne fa un eroe nazionale, simbolo del sacrificio della giovinezza del nostro tempo”. Josè Antonio fu dunque l’essenziale equilibrio di pensiero ed azione, la perfetta armonia tra l’essere e il sembrare, esempio di tutte le più grandi virtù: la continuità nell’impegno, la coerenza, il coraggio, lo spirito di sacrificio, l’altruismo, la cristiana capacità di stare accanto agli umili e di saper sfidare i potenti.La politica, nella concezione di Josè Antonio, divenne una funzione religiosa e poetica, rivelatrice dell’autentico destino di un popolo. Diceva infatti: “Ci troviamo di fronte ad una guerra che riveste, ogni giorno di più, il carattere di crociata, di grandiosità storica e di lotta trascendente di popoli e di civiltà”.

La storia della falange nelle sue premesse, nelle sue origini e nei suoi primi sviluppi, coincide con la storia umana di Josè Antonio, proprio per questa sua impronta “religiosa” che prescinde dall’immanenza, che non è personale ma innata, trascendente ed universale. La Spagna ha costruito per i suoi caduti il tempio della Valle dos Coudos: mirabile testimonianza di cristiana interpretazione della vita e della morte proprio nella terra che più duramente di ogni altra ha patito l’odio della guerra civile. Lì riposa per sempre, accanto al generalissimo Franco e a migliaia di caduti, l’eterno Josè Antonio Primo de Rivera.