Durante la seconda guerra mondiale partecipò alle operazioni sul fronte greco-albanese, in Croazia e in Dalmazia, nonché sul fronte occidentale.
Resega guidò i suoi uomini nelle più aspre battaglie sul Carso, a Gorizia, a Caporetto; un gruppo ristretto di suoi uomini, Arditi nuotatori, passò alla storia col nome di “Caimani del Piave”. Nuotavano sotto il pelo dell’acqua, mimetizzati con ciuffi d’erba proteggendo il corpo dal freddo con mistura di grasso. Si infilavano nelle linee nemiche compiendo sabotaggi e perlustrazioni. Fu il primo degli ufficiali degli Arditi ad attraversare il Piave nell’ottobre 1918.
Arrivato sull’altra riva si riempì una tasca della giubba di terra italiana poco prima calpestata dal nemico. Conservò quella terra in un barattolo, in casa, come un trofeo. Alla fine della prima guerra mondiale il petto di Aldo Resega si fregiava di due distintivi di ferita, due medaglie d’argento, due medaglie di bronzo, una croce di guerra al valore militare ed una promozione per meriti di guerra. Aveva 22 anni.
Congedato torna alla vita civile, fin quando reagisce ai tentativi dei social comunisti di importare la rivoluzione d’ottobre aderendo ai Fasci di Combattimento, divenendo comandante di una squadra d’azione. Partecipa alla Marcia su Roma e si arruola nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Segue la vita del Partito Nazionale Fascista da una posizione di rilievo ma senza mire di carriera politica. Risponde volontario all’appello del 1935 per la guerra d’Africa, ed ancora al comando di un reparto d’assalto si guadagna la terza medaglia d’argento.
Alle prime avvisaglie della seconda guerra mondiale ottiene il comando di un battaglione di Camicie Nere col quale prende parte alle operazioni sul fronte francese, successivamente su quello greco e nei Balcani. Un aneddoto su tutti delinea il profilo del Comandante: in Croazia, dopo due giorni e due notti di combattimenti e marce, concede ai suoi uomini dodici ore di sonno, ma suonata la sveglia nessuno si muove. Comprende; decide di lasciarli riposare altre 6 ore.
Suonata la seconda sveglia, ancora nessuno si muove. Resega non ci pensa troppo; esce dalla sua tenda con alcune bombe a mano e le lancia in mezzo al campo. Dopo pochi minuti il battaglione è schierato per l’appello.
Dopo l’8 settembre 1943 viene nominato commissario Federale del Fascio milanese. La mossa di Mussolini era chiara; Resega aveva fama fra i milanesi di essere un uomo retto e moderato, coraggioso ma non fanatico, fermo ma non estremista. A lui la responsabilità di non lasciare scivolare Milano nel vortice della guerra civile, della rappresaglia, e mantenere il più normale possibile la vita della popolazione civile sotto i pesanti bombardamenti angloamericani.
A riprova della fiducia riposta dai milanesi in Resega, alla fine di ottobre 1943 gli iscritti al Fascio Repubblicano milanese superano i 40mila. Sotto la sua guida, a Milano continuarono a lavorare in condizioni di quasi normalità gli
ospedali, le scuole ed altri uffici pubblici e nei negozi gli approvvigionamenti tornarono a livelli migliori di quelli antecedenti l’8 settembre.
Ma l’opposizione, il partito comunista fiancheggiato dagli angloamericani, aveva bisogno che il clima degenerasse per segnare la caduta definitiva delle forze sane italiane ed europee. Aumentarono in maniera esponenziale attentati ed uccisioni ai danni dei fascisti.
Il 17 dicembre 1943 furono esposte al cordoglio della popolazione le salme di due fascisti uccisi poche ore prima; parlando con Costa, così commentò Resega “Non c’è due senza tre, chi domani sarà il terzo?”
Sarebbe stato lui. Fu ucciso a pochi passi dalla porta di casa in un attentato gappista, mentre era intento a prendere il tram per andare al lavoro. Il giorno dopo, anche il corteo funebre intervenuto alle esequie fu attaccato dai “Gruppi di Azione Patriottica”. Le cattive abitudine, si sa, son difficili da perdere.
Sarà il suo testamento a lasciare definitivamente nella vergogna chi in un vile attentato ha ucciso l’Eroe di molte guerre: “Se dovessi cadere lasciate che il mio sacrificio, come quello di tanti altri Martiri, rappresenti semplicemente il pegno della nostra rinascita. La tragedia dell’Italia vorrà forse il mio sangue? Io l’offro con l’impeto della mia fede. Lasciate che sgorghi senza equivalente, senza rappresaglie e senza vendetta. Così soltanto sarà caro e fecondo per la mia patria: dono e non danno, atto d’amore e non fomite d’odio, necessità di dolore e non veicolo di disunione maggiore.”
Aldo Resega riposa nel campo dieci del cimitero maggiore di Milano, insieme ai suoi camerati.
Aldo Resega, se Campo Dieci è chiamato Campo dell’Onore, anche alla tua condotta e alle medaglie del tuo petto è dovuto.
E se l’Onore può essere insegnato, in meditazione sulla tua tomba lo insegneremo.
Un fiore dopo l’altro, un pomeriggio dopo l’altro, sulla terra del campo dieci.
« Se dovessi cadere lasciate che il mio sacrificio, come quello di tanti altri Martiri, rappresenti semplicemente il pegno della nostra rinascita. La tragedia dell’Italia vorrà forse il mio sangue? Io l’offro con l’impeto della mia fede. Lasciate che sgorghi senza equivalente, senza rappresaglie e senza vendetta. Così soltanto sarà caro e fecondo per la mia patria: dono e non danno, atto d’amore e non fomite d’odio, necessità di dolore e non veicolo di disunione maggiore. »